Quanti anni ha la Modernità? Modernità e contemporaneità

Quale è la differenza tra modernità e contemporaneità?

Mentre per contemporaneo la definizione è quanto mai semplice, il concetto di moderno è quanto mai ambiguo e spesso si confonde con l’idea stessa di contemporaneo.

Un libro, un uomo, un quadro ed uno stesso edificio sono contemporanei quando la loro realizzazione è avvenuta nel periodo stesso al quale facciamo riferimento. Le piramidi sono contemporanee ai faraoni così come il Colosseo lo è agli imperatori. Contemporaneo è Giotto a S. Francesco e contemporaneo è Bernini a Borromini, Carracci e Caravaggio, Raffaello a Leonardo e Michelangelo; contemporanea è la Dichiarazione di Indipendenza alla Rivoluzione francese. Picasso era contemporaneo di Mussolini, Van Gogh di Mazzini e Garibaldi. Nostri contemporanei sono il Guggenheim di Bilbao, Berlusconi e Obama.

Essere contemporanei quindi non ha altro significato che essere vissuti, costruiti, creati nello stesso periodo di riferimento ed appare ora, oltre ogni ragionevole dubbio, che contemporaneo non è un  di per se un valore.

La pittura, la letteratura ed anche l’architettura contemporanea sono quindi per definizione privi di qualità. Nel caso specifico dell’architettura la quasi totalità di quanto realizzato dal dopoguerra ad oggi è priva di qualità. La quasi totalità di ciò che si continua a costruire è come più volte ricordato “spazzatura edilizia”.

Il contemporaneo è spesso privo di valori mentre in tutto ciò che è moderno si racchiude il genio e il coraggio di chi lo ha realizzato. Spesso moderno è il risultato della produzione delle avanguardie: i futuristi deploravano il loro contemporaneo e ne ipotizzavano la distruzione, per non parlare delle case di Le Corbusier, le ville di Wright, e i quadri informali di Burri, Fontana e Pollock.  Moderno è ciò che una civiltà vuole che la rappresenti. Molti testi di storia dell’architettura e dell’arte colgono forse inconsciamente questo aspetto intitolandosi “storia dell’architettura contemporanea” o “storia dell’arte contemporanea” distinguendola da quella moderna a cui dedicano specifici capitoli.

Ma quanti anni ha la modernità? Molti, forse tanti, la modernità esiste da quando un uomo alzando il primo megalite o dolmen pensò: “si ricordi così per millenni che noi ci siamo stati!”

One Comment

  1. Avatar di Sconosciuto

    se per ‘contemporaneo’ si intende ‘contemporaneo di’ il senso del discorso viene vanificato dall’ovvietà grammaticale dell’affermazione ed è inutile disquisire sul fatto che Bernini sia contemporaneo di Borromini o Carracci di Caravaggio, è un dato che non può dare adito a discussione, “ea quae sunt, sicut sunt”, appunto, è un fatto neutro, che non ha alcun merito, ma neanche necessariamente è “privo di valori”: forse Bernini vale meno perché contemporaneo (di Borromini) o viceversa?
    Certo, contemporaneo “non è un di per sé un valore”, così come non lo è la modernità, quella di cui Bruno Zevi (forse citando Baudrillard) scrive: “la Modernità è quella che fa della crisi un valore e suscita un’estetica di rottura”, spostando il problema sulla definizione molto ambigua di ‘estetica di rottura’, lasciando sostanzialmente indefinita l’idea di modernità.
    Anne Cauquelin ha scritto un libro, ‘L’arte contemporanea’, 1992, dove viene minutamente analizzato il fenomeno dell’arte contemporanea, intesa come quella prodotta durante il periodo in cui viviamo e siamo stati costruiti e creati, cercando di individuare i parametri attraverso i quali definirla, arrivando, in brutale sintesi, alla conclusione che l’arte “appare, quindi, un sistema autoproducentesi e autodigerentesi; in ultima istanza coloro che la producono sono anche coloro che la consumano […….] ancora una volta il contenente prende il sopravvento sul contenuto: è la ‘messa in vista’ (‘questa è arte’) che genera il significato, non le opere; è la rete che esibisce il suo proprio messaggio: ecco il mondo dell’arte contemporanea”.
    L’indicazione è quella di valutare il tempo, lo stato dello sviluppo tecnologico, la società, la cultura dominante, i sistemi di comunicazione e quant’altro per operare una distinzione tra modernità e contemporaneità.
    Ammesso che sia necessario.

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