Poche parole….

Poche parole per dirvi e ricordarci i motivi che ci hanno spinto a creare raccolta di post.

Negli anni passati l’idea di creare un foglio che affrontasse temi più proiettati ai massimi sistemi che alla cronaca quotidiana ci ha sempre stimolato. Da un lato il costo che avrebbe avuto se fosse stato stampato, dall’altro la difficoltà di distribuirlo al di fuori dei comuni canali per farlo giungere a chi riteniamo potesse essere interessato.

Oggi questi ostacoli sono superati: il costo è alla nostra portata e la distribuzione può essere capillare. I contenuti sono rimasti in nuce e credo che potremmo produrre diversi numeri, lasciandoci stimolare da ciò che quotidianamente avviene per elaborare idee condivise. Come spesso avviene in questi casi chiudiamo con la frase di rito che siamo aperti al contributo dei lettori, ma molto probabilmente li ignoreremo o peggio faremo finta che ci siano arrivati tanti scegliendo quelli scritti da noi stessi. Almeno in questo siamo coerenti: siamo e resteremo cinici.

 

Carthago delenda est – Cartagine deve essere distrutta

La leggenda narra che Catone il censore, mostrando in senato un cesto di fichi proveniente da Cartagine,  volesse ammonire i senatori presenti che la città punica  costituisse un pericolo imminente per gli interessi dell’impero. Da quel giorno in poi ogni suo discorso terminò con “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse” (d’altronde, ritengo che Cartagine debba essere distrutta). Quali sono i confini del nostro impero? Quale è la nostra Cartagine?

Ogni civiltà si crea i suoi confini, ogni civiltà si crea i suoi nemici. Barbari erano i romani per i greci, barbari erano i sassoni per i romani, barbari sono gli europei continentali per gli inglesi; barbari erano i normanni per gli arabi, barbari sono gli arabi per i norvegesi.

Le parti nel tempo si invertono le motivazioni permangono. Tacito nel I secolo scriveva dei romani: “Predatori del mondo intero, dopo aver devastato tutto, non avendo più terre da saccheggiare, vanno a frugare anche il mare; avidi se il nemico è ricco, smaniosi di dominio se è povero, tali da non essere saziati né dall’Oriente né dall’Occidente, gli unici che bramano con pari veemenza ricchezza e miseria. Distruggere, trucidare, rubare, questo, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, lo hanno chiamato pace“.

Cosa si pensa oggi della civiltà occidentale, della Nato, dei mercati? Siamo predatori ma indichiamo negli altri i nuovi barbari. La prova è la paura del prossimo, l’egoismo è alla base del nostro contratto sociale. Chi non è con noi è contro di noi. Trascorsi migliaia di anni abbiamo cambiato i mezzi ma mai il fine. A malincuore riteniamo  che questo sia parte della natura umana ed in quanto tale non possa essere cambiata. Ciò che possiamo fare è cambiare i nostri confini, cambiare la nostra Cartagine. Se i confini da invadere diventassero i confini dei nostri pregiudizi e Cartagine diventasse il nostro egoismo, allora si che potremmo terminare ogni nostro discorso con …ceterum censeo Carthaginem delendam esse.

Quanti anni ha la Modernità? Modernità e contemporaneità

Quale è la differenza tra modernità e contemporaneità?

Mentre per contemporaneo la definizione è quanto mai semplice, il concetto di moderno è quanto mai ambiguo e spesso si confonde con l’idea stessa di contemporaneo.

Un libro, un uomo, un quadro ed uno stesso edificio sono contemporanei quando la loro realizzazione è avvenuta nel periodo stesso al quale facciamo riferimento. Le piramidi sono contemporanee ai faraoni così come il Colosseo lo è agli imperatori. Contemporaneo è Giotto a S. Francesco e contemporaneo è Bernini a Borromini, Carracci e Caravaggio, Raffaello a Leonardo e Michelangelo; contemporanea è la Dichiarazione di Indipendenza alla Rivoluzione francese. Picasso era contemporaneo di Mussolini, Van Gogh di Mazzini e Garibaldi. Nostri contemporanei sono il Guggenheim di Bilbao, Berlusconi e Obama.

Essere contemporanei quindi non ha altro significato che essere vissuti, costruiti, creati nello stesso periodo di riferimento ed appare ora, oltre ogni ragionevole dubbio, che contemporaneo non è un  di per se un valore.

La pittura, la letteratura ed anche l’architettura contemporanea sono quindi per definizione privi di qualità. Nel caso specifico dell’architettura la quasi totalità di quanto realizzato dal dopoguerra ad oggi è priva di qualità. La quasi totalità di ciò che si continua a costruire è come più volte ricordato “spazzatura edilizia”.

Il contemporaneo è spesso privo di valori mentre in tutto ciò che è moderno si racchiude il genio e il coraggio di chi lo ha realizzato. Spesso moderno è il risultato della produzione delle avanguardie: i futuristi deploravano il loro contemporaneo e ne ipotizzavano la distruzione, per non parlare delle case di Le Corbusier, le ville di Wright, e i quadri informali di Burri, Fontana e Pollock.  Moderno è ciò che una civiltà vuole che la rappresenti. Molti testi di storia dell’architettura e dell’arte colgono forse inconsciamente questo aspetto intitolandosi “storia dell’architettura contemporanea” o “storia dell’arte contemporanea” distinguendola da quella moderna a cui dedicano specifici capitoli.

Ma quanti anni ha la modernità? Molti, forse tanti, la modernità esiste da quando un uomo alzando il primo megalite o dolmen pensò: “si ricordi così per millenni che noi ci siamo stati!”