Come milioni di anni fa

Immaginate una spiaggia immensa come il deserto. Immaginate di prendere un secchiello e riempirlo con un po di quella sabbia. Adesso avete la consapevolezza di quanto conosciamo del nostro universo; nel secchiello appena riempito ci sono le costellazioni, i pianeti, le stelle, le galassie, le comete e gli asteroidi che oggi conosciamo e di cui abbiamo informazioni, anche se approssimative, poco più del nome che gli abbiamo dato noi. Immaginate, adesso, un granello di sabbia appartenente alla spiaggia, potrebbe essere una stella un pianeta, una cometa.

Questo corpo celeste, di cui non sappiamo nulla e nulla sapremo mai, in un tempo remoto è esploso forse scontrandosi contro un altro attratto da una stella o colpito da una cometa, non lo sapremo mai.

Lontanissimo da noi, migliaia, forse milioni di anni luce una catastrofe ha dato vita ad un piccolo frammento che staccandosi dal suo corpo celeste ha iniziato a vagare nel nulla, diretto inconsapevolmente verso di noi attraversando centinaia, migliaia, milioni, miliardi di chilometri di spazio vuoto, tra una costellazione ed un altra, diretto a noi. Con un diametro di appena 15 metri ma veloce, tanto veloce, sessantacinque mila km/h. Più veloce di qualsiasi oggetto creato dall’uomo, ha percorso il suo cammino nel vuoto. Ha impiegato tanto, un tempo che per noi corrisponderebbe al tempo trascorso dall’inizio della vita sulla terra ad oggi, eppure quel piccolo frammento era già in viaggio verso di noi.

ImmagineCi siamo illusi di essere potenti e quindi protetti: sappiamo volare, siamo andati sulla luna, abbiamo inviato un piccolo robot sul pianeta a noi più vocino a fare delle foto. Abbiamo telescopi sulla terra e telescopi orbitali nello spazio, crediamo di vedere tutto ciò che avviene intorno a noi e lontano da noi ed infatti stavamo osservando un piccolo asteroide che si stava avvicinando. Poco più grande del precedente lo osserviamo da tempo, temendolo perché un eventuale collisione sarebbe stata la nostra catastrofe. Era già successo, anche se l’uomo non se lo ricorda: un asteroide aveva, precipitando sulla terra, provocato l’estinzione del 75% delle specie viventi, i fossili dei dinosauri ritrovati ne hanno riportato in vita la memoria.

Il nostro piccolo meteorite nella più completa indifferenza ha terminato il suo viaggio il 15 dicembre del 2003 disintegrandosi prima dell’impatto con il suolo. La NASA ha dichiarato l’imprevedibilità del fenomeno: non aveva un orbita conosciuta, (era fuori dal secchiello) e non poteva essere individuato visto la sua enorme velocità e le sue piccole dimensioni.

Non eravamo pronti, ci ha colpito a freddo, quasi a tradimento, eppure lo ha fatto. Il primo commento del premier Russo è stato: “questo dimostra la vulnerabilità del nostro pianeta”. Bella scoperta. Non sono stati i radar, non sono stati i missili, non sono stati gli aerei cacciabombardieri e neanche le più potenti armi nucleari dei nostri sistemi di difesa ad impedire lo schianto al suolo. Incredibilmente è stato qualcosa che nessuno di noi considera, nonostante sia vitale per tutti, ad impedire la catastrofe. Qualcosa che bistrattiamo, inquiniamo, utilizziamo con enorme superficialità ogni giorno ogni attimo della nostra vita. Quel qualcosa che il 15 febbraio 2013 ha impedito che facessimo la fine dei dinosauri i pagani avrebbero chiamato dio, noi chiamiamo semplicemente “aria”. Già l’aria, quella che respiriamo ogni giorno rende la terra unica ed è per questo che la sua superficie non è come quella della Luna o di Marte piena di crateri e soprattutto invivibile. Adesso, scampato il pericolo, tutti noi possiamo tirare, è il caso di dirlo, un sospiro di sollievo.

L’aria ne sarà contenta