I limiti dello sviluppo – The Limits to Growth

Non dovrebbe esistere politico, tecnico, amministratore che possa definirsi tale senza che abbia letto il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”(The Limits to Growth). Non dovrebbe esistere perché se è vero che milioni di persone si sono interessate al calendario Maya è anche vero che 12 milioni di persone hanno letto il Rapporto in tutto il mondo.

Nel 1972 un gruppo di allora giovani ricercatori del MIT di Boston pubblicò un rapporto basato su studi, ricerche, statistiche, bla, bla, bal, che attraverso delle previsioni avrebbe previsto il collasso del sistema intorno al 2030. Nel 2004 il rapporto venne aggiornato e quello che meravigliò il mondo fu che le previsioni di 40 anni prima erano risultate esatte. Per rendere semplice cose che per loro natura sono complesse dovremmo sintetizzare i risultati del rapporto in modo da chiarire e chiarirci le idee.
Secondo Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens III, autori del rapporto, gli indicatori dello sviluppo erano: la popolazione mondiale, le risorse non rinnovabili, la produzione industriale, l’inquinamento, la produzione alimentare. Dovrebbe essere facile ai più comprendere che se aumenta la popolazione mondiale deve aumentare anche la produzione alimentare. All’aumento della produzione industriale corrisponde la diminuzione delle risorse non rinnovabili e l’aumento dell’inquinamento. All’aumento della popolazione, della produzione e dell’inquinamento corrisponde la diminuzione di suolo per la produzione alimentare e così via. A queste variabili se ne aggiungono altre più complesse ma che permettono la creazione di diversi scenari possibili.
Dal più catastrofico al più ottimistico, tutti gli scenari stabilivano che intorno al 2030 ci sarebbe stato un collasso.
E’ inutile dire che il rapporto venne accolto dal mondo economico ed industriale come la solita propaganda ambientalista anticapitalistica.L’indifferenza del mondo politico e deconomico servì nel tempo solo a confermare nei successivi 30 anni le previsioni fatte dal rapporto.
L’inerzia confermò la previsione. Nella riformulazione del rapporto del 1993 e del 2004 i dai reali coincidevano con le previsioni statistiche. Per chiunque, a questo punto, sarebbe facile presupporre che nel 2030 si assisterà realmente al collasso.

Questo decennio è iniziato con una crisi globale che ha portato la recessione nel mondo occidentale ed uno sviluppo industriale impensabile in paesi che erano ritenuti se non poveri arretrati. La maggioranza della popolazione mondiale è concentrata in India e Cina dove concentrate sono le produzioni industriali, concentrato è l’inquinamento, concentrate sono le necessità di alimentazione. La crescita, sia demografica che industriale, ha raggiunto valori pari a zero in gran parte dell’Europa. Lo scenario è potenzialmente catastrofico se non fosse per l’imprevedibilità reale dei mercati finanziari e le grandi migrazioni del Nord Africa verso l’Europa.
La parola d’ordine dei governi è la riduzione dello spreco, delle spese ed ovviamente dei servizi. Ridurre i consumi, utilizzare risorse rinnovabili e soprattutto cambiare gli stili di vita sono, ormai, le uniche cose da fare. Bravi. Dopo aver denigrato il rapporto e negato per ben due volte l’evidenza oggi ci dicono, anzi ci impongono, di rivedere ciò che auspicavamo essere il nostro futuro. Ma mentre lo fanno, giorno per giorno, restano ben attenti a tutelare i loro privilegi, i loro interessi, le loro prerogative. Con la scusa di sostenere la popolazione Libica inscenano una guerra non dichiarata all’esercito regolare con il solo fine di mantenere il controllo della produzione del greggio. Nel conflitto interviene anche l’Italia, l’intervento è definito con scopo umanitario ma nei talk show i politici e commentatori parlano apertamente di un interesse strategico per conservare i contratti commerciali per l’estrazione del petrolio. La Francia di Sarkozy, membro della Nato e dell’ONU, inizia  i bombardamenti prima di ogni altro atto, documento o risoluzione, prodotto dalle due organizzazioni, che saranno delle sanatorie a ciò che si compiva. Liberté, Egalité, Fraternité è scritto in ogni edificio pubblico francese, in ogni ambasciata, in ogni tribunale, come il cristo in croce in ogni edificio pubblico italiano. Eppure chi occupa le scrivanie seduto sulle sedie al di sotto di queste icone, forse proprio perché le ha alle spalle, le ignora.
“I limiti dello sviluppo” non sono leggende metropolitane o propaganda ambientalista, anche se si prestano ad esserlo, ma calcoli statistici spesso di una banalità sconcertante che ci pongono di fronte ad un bivio: essere o non essere consapevoli di ciò che ci aspetta, di ciò che stiamo facendo.
Il nostro compito è quello di ricordare che spesso ciò che appare essere improbabile è destinato ad essere certo;
Il nostro destino é compiuto. Contrariamente a quando avveniva in passato non è una Sibilla a predircelo ma un gruppo di ricercatori che, a differenza del passato, cercano nella scienze sociali ed economiche le risposte di come sarà il futuro dell’umanità